Icone femminili
''Ma da queste profonde ferite usciranno farfalle libere''
Alda Merini
Dolores Alberghini
Staffetta partigiana, coraggiosa, infaticabile, protagonista
Dolore Alberghini nasce a Tortona il 23 Agosto del 1924. Di famiglia antifascista, dopo l’8 settembre 1943, milita nella Brigata Arzani come staffetta, con il nome di Alba. Mantiene i contatti con i partigiani che operano in Val Curone, fornendo notizie sui movimenti del contingente germanico di stanza a Tortona, e portando ai compagni di lotta cibo, vestiario, medicine, armi e munizioni.
Nel dopoguerra, partecipa attivamente, come operaia metalmeccanica, agli scioperi per migliorare le condizioni di lavoro nelle fabbriche e lotta contro le discriminazioni salariali tra uomini e donne.
E’ stata per dieci anni Consigliere del Comune di Tortona nelle file del PCI, e fa tutt’ora parte del Direttivo Anpi della città.
Il suo impegno politico e sociale è sempre stato attivo soprattutto tra i giovani, con la partecipazione ad incontri e conferenze per trasmettere loro i principi di democrazia, giustizia e libertà per i quali il movimento partigiano ha lottato e per ricordare tutti quei giovani che per quei principi sono morti combattendo sulle nostre montagne contro i nazifascisti. Queste sono le parole che ancora oggi, ormai utranovantenne, Dolores non si stanca mai di ripetere, anche a noi studenti del Marconi che abbiamo avuto la fortuna di conoscere all’inizio della nostra ricerca e alla quale vogliamo rivolgere un sincero ringraziamento per avere dato il suo contributo alla Storia dell’Italia Repubblicana.
Tina Anselmi
Il ruolo cruciale delle donne italiane nella Resistenza.
La Resistenza italiana ha cambiato profondamente il nostro paese, influenzandone sia gli equilibri sociali che politici.
Cosa saremmo stati noi senza la Resistenza e senza il 25 aprile? Forse le donne, che finalmente nella Resistenza avevano dimostrato il loro valore, il loro coraggio e la loro determinazione non avrebbero potuto ottenere il diritto di voto che nel 1946 portò l’Italia a scegliere la Repubblica.
La Storia fa iniziare la Resistenza dopo la destituzione di Mussolini (25 luglio 1943) e dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. In realtà, è già dal 1940 che l’Italia comincia a cambiare: gli uomini partono per il fronte e le donne, angeli del focolare fino a quel momento, diventano i veri capifamiglia.
Dopo la disfatta di Russia e le sconfitte in Africa, il malcontento del paese nei confronti di Mussolini si diffonde e mentre al fronte si muore sotto i colpi dei mortai, nelle città si muore per la fame, e il mercato nero dilaga. E’ in questo contesto che le donne prendono in mano la situazione e mettono in atto le prime forme di resistenza non armata: il 16 ottobre 1941 a Parma un gruppo di donne assalta un furgone del pane e molte altre, nelle fabbriche, abbandonano il posto di lavoro per scioperare.
Dopo lo sbarco in Sicilia dell’esercito anglo-americano del 10 luglio 1943, inizia la ritirata delle truppe del Führer. Gli alleati liberano definitivamente l’isola: l’avanzata continentale è iniziata.
Dopo l’8 settembre, l’esercito Italiano è senza guida ed allo sbando, Badoglio e il re, Vittorio Emanuele III, fuggono a Brindisi senza impartire ordini precisi. I tedeschi, sentendosi traditi, occupano i punti nevralgici della penisola e fanno più di un milione di prigionieri tra i militari abbandonati sui vari fronti. Questi soldati, vengono immediatamente inviati in Germania a lavorare come schiavi del terzo Reich.
Le donne, a questo punto, assumono un compito fondamentale, accolgono, sfamano e nascondono i soldati sfuggiti alla cattura o che non hanno aderito all’arruolamento nell’esercito del Reich e della Repubblica di Salò.
Il giorno dopo l’armistizio, i partiti antifascisti compongono a Roma il Comitato di Liberazione Nazionale e si formano i primi nuclei partigiani, a cui si uniscono anche molte donne. Interessante è il documentario “La donna nella Resistenza” di Liliana Cavani (1965). La “Resistenza civile”, così come è stata denominata, ha quindi ufficialmente inizio. Mentre gli alleati risalgono l’Italia, le donne aiutano i partigiani, si spingono a seppellire e lavare i corpi dei compagni caduti anche a rischio della pena capitale, ma soprattutto assumono il rischiosissimo ruolo di staffette, come racconta Tina Anselmi in un’intervista del 2005: “Il lavoro che eravamo chiamate a fare era un compito impegnativo, ma che non doveva assolutamente essere pubblicizzato… Io avevo come compito quello di portare messaggi, materiale, avvisare se c’erano tedeschi in zona e questo compito poteva essere molto pericoloso. Un giorno il mio capitano mi ha detto “Guarda che se ti trovano con questo materiale tu devi pregare Dio che ti ammazzino subito”, perché le donne venivano non solo torturate come gli uomini, ma su di loro si infieriva soprattutto da un punto di vista del sesso...”.
Intanto, si organizzano i Gruppi di Difesa della Donna volti a coordinare il lavoro delle staffette e il boicottaggio della produzione bellica. Nelle città del Nord, gli scioperi non potevano essere una soluzione: le donne, alla fame, necessitavano di una paga, ma sabotare gli armamenti rendendoli malfunzionanti o inutilizzabili già in fabbrica era un modo per salvare gli uomini che combattevano sulle le montagne.
Si può senz'altro affermare che l’impegno delle donne al fianco dei partigiani è stato determinante per l’esito finale della Guerra di Liberazione.
Le "Rose" di Ravensbrück
Dedicato a LIDIA BECCARIA ROLFI
LE DONNE NON DIMENTICANO
Ravensbrück era la capitale dei crimini contro le donne.
Oltre 130.000 donne, dal maggio del 1939 alla fine di aprile del 1945, hanno vissuto le atrocità del campo di sterminio di Ravensbrück. Provenienti da venti nazioni in 50.000 sono state barbaramente massacrate.
Ravensbrück è stato l’unico campo di concentramento femminile progettato da Adolf Hitler.
Le donne che nella sua mente criminale erano identificate come “non conformi”, ossia prigioniere politiche, lesbiche, rom, prostitute, disabili e donne semplicemente giudicate “inutili” dal regime, dovevano essere eliminate.
Lidia Beccaria Rolfi, originaria di Mondovì, staffetta partigiana della XV Brigata Garibaldi “Saluzzo” sui monti del cuneese, viene arrestata e deportata nel Lager di Ravensbrück nel marzo del ’44. Le viene assegnato il numero 44 140 e viene mandata a lavorare con altre 7-8000 deportate alla Siemens, una filiale per la produzione di apparecchi da bombardamento, fatta costruire a poche centinaia di metri dal campo.
“Chi è riuscita a tornare a casa, spesso si vergognava per quello che aveva subito, come se fosse stata colpa sua.”
E’ stata liberata dagli alleati nel 1945. Parlando della sua esperienza a Ravensbrück affermava:
“Il mondo concentrazionario è un pianeta su cui sono approdati milioni di persone; alcune sono ridiscese nel mondo dei vivi, ma i vivi non possono credere a quello che i superstiti hanno visto.”
“Non posso raccontare. Quando tento, mi accorgo che gli altri... mi credono pazza... Un muro si leva tra me e il mondo.”
Nel 1978 scrisse insieme ad Anna Maria Bruzzone "Le donne di Ravensbrück", prima opera in italiano sulla deportazione femminile nei campi di concentramento della Germania nazista. Nel 1996 diede alle stampe il suo secondo libro, "L'esile filo della memoria", racconto autobiografico del suo ritorno dopo l'esperienza del Lager e del difficile reinserimento nella vita civile.
Lidia Rolfi, Mondovì, 8 aprile 1925 – Mondovì, 17 gennaio 1996
Iduccia Grillo Marenghi Marenco
La tortonese, Iduccia Grillo Marenghi Marenco, viene invitata dal Papa Paolo VI a partecipare, in qualità di uditrice, al Concilio Ecumenico Vaticano II a Roma nel Settembre 1964. Nell'aula conciliare della Basilica di San Pietro si trova cosi nel gruppo dei 31 uditori laici ammessi all'assemblea : 23 uomini, tra cui 5 Italiani e 8 donne, tra cui 3 italiane. Nel ristretto novero delle 3 Italiane compare la Sig.ra Iduccia Marengo vedova del Capitano Attilio Grillo morto a Yol (India) in campo di concentramento nel novembre 1945 anche se la notizia le arriverà solo nel gennaio 1946.
La guerra ha inciso molto nella vita di Iduccia Grillo che si è prodigata durante e dopo il conflitto nella Pontificia Commissione di Assistenza di Tortona, nel campo profughi dell' ex caserma Passalacqua, nell'assistenza ai reduci, alle famiglie bisognose, alle mondine, nella partecipazione alle mense nei cantieri di lavoro. Un'attività di volontariato instancabile sorretta da una profonda fede cattolica che la porta anche a sperare che qualcuno come lei possa aiutare quel marito disperso e poi deceduto lontano. Ella segue, nella seconda metà degli anni Quaranta,il fiorire di iniziative tortonese grazie alle quali la gente ricomincia a vivere e a sperare, in particolare si segnala nell 'attività del CIF ( Centro Femminile Italiano ) e nell'azione Cattolica "...I morti e le sofferenze del passato ci comandano dignità di vita, unica condizione per la rinascita della nostra patria". È questo l'insegnamento del Vescovo di Tortona, Egisto Domenico Melchiorri che guiderà Iduccia a spendersi per gli altri fino a quel prestigioso riconoscimento di sedersi tra le uditrice laiche del Concilio. Il suo impegno è quello di seguire in aula il dibattito tra i prelati in latino e al pomeriggio di intervenire in francese sulle questioni proposte quali l'apostolato dei laici e della Chiesa nel mondo contemporaneo. Paolo VI, come già il suo predecessore Giovanni XXIII, vuole ridiscutere il ruolo e la missione nel mondo della Chiesa pertanto chiama anche i laici tra cui le donne (solo 8 donne mentre 23 uomini) per tener conto di tutte le componenti, quel “popolo di Dio” per cui il Vaticano II è stato concepito.
Ogni mattina, racconta Iduccia Grillo nelle lettere inviate a casa, all’entrata e all’uscita della Basilica, una discreta folla staziona in Piazza San Pietro per vedere i protagonisti del Concilio, chiedere autografi, scattare fotografie e Vescovi e Prelati si intrattengono con gli uditori dimostrando interesse e affetto tanto che “pare di vivere una vita che non è la mia”.
Giornalisti di tutto il mondo sollecitano interviste e qui occorre molta riservatezza: i laici sono sì protagonisti ma la loro posizione è delicata, hanno giurato in ginocchio sul Vangelo al ricevimento dei documenti del Concilio “ sub secreto” e pertanto anche Iduccia Grillo si raccomanda più volte scrivendo alla figlia “non dirlo a nessuno, soprattutto degli onori”. Quello che conta di più per lei è il clima che si respira al Concilio, la volontà di capire le divisioni e le incomprensioni soprattutto religiose. A questo riguardo si svolgono liturgia in diversi riti (Caldeo, Bizantino, Rumeno ecc.) per rappresentare l’ecumenismo e l’universalità del Vangelo. Nel rito caldeo il salmodiare ricorda le preghiere del muezin, in quello etiopico si usano i tamburi etnici e tutto si conclude con danze tribali eseguite dai seminaristi africani che studiano a Roma, un particolare rito orientale si svolge in aramaico, la lingua di Gesù “ma – commenta Iduccia Grillo – siamo fratelli, bisogna abituarsi a tutto”.
Maria Attilia Ruffini Grillo, Pro Julia Derthona, num. 102-2010
Valeria Solesin
"Avanti ragazze, al lavoro!"
Il volto di una generazione di donne che studiano, lavorano, soffrono, emigrano è Lei. Valeria Solesin, la ragazza veneziana uccisa a 28 anni il 13 Novembre 2015 durante l’attacco terroristico al Teatro Bataclan di Parigi. Il ritratto di Valeria celebra nonostante tutto la voglia di vivere, commemora gli innocenti colpiti dal terrorismo e rappresenta quell’orgoglio della nostra generazione che è costretta ad emigrare per trovare uno spazio degno per la propria formazione. E’ lei che ci rappresenta in quell’ottimismo che si è mantenuto negli studi impegnativi, nel volontariato, nei lavori sottopagati e nei biglietti aerei di solo andata. La semplice lezione di normalità non ci è venuta solo dalla sua morte ma dalla rilettura di uno dei suoi articoli che il “Sole 24 ore” ha pubblicato in data 30 Ottobre 2013. Qui incita le ragazze al lavoro sulla base di una ricerca demografica, condotta a livello europeo, che riporta dati significativi dei vari paesi in materia di partecipazione femminile al mercato del lavoro e alla sua organizzazione. Si sofferma sui momenti considerati “rischiosi” per la donna e che coincidono con l’arrivo dei figli per arrivare alla conclusione che “ appare auspicabile una maggiore condivisione delle responsabilità familiari e professionali tra gli uomini e le donne” nei paesi di Francia e Italia, esaminati con dati statistici alla mano.
La sua attività di ricercatrice all’ Ined, Istituto della Sorbona, chissà quanti altri apporti fondamentali avrebbe sicuramente dato al cammino di emancipazione femminile! Comunque “Avanti ragazze, al lavoro!”
Samantha Cristoforetti
Le donne hanno conquistato anche lo spazio!
"...Donne, donne un universo immenso e più ...!"
La donna delle stelle che tutto il mondo ci invidia!
Samantha Cristoforetti (Milano, 26 aprile 1977) è un'ingegnere, aviatrice, astronauta militare, prima donna italiana negli equipaggi dell'Agenzia Spaziale Europea.
E' l'astronauta dei record, infatti, oltre a essere la prima italiana nello spazio è la donna che a oggi ha trascorso il periodo più lungo lontano dall’atmosfera terrestre (199 giorni), e con le sue foto e i suoi racconti sui social media, si è trasformata con il passare dei mesi in un personaggio pubblico senza precedenti, autentico modello per moltissimi giovani aspiranti astronauti.
Fabiola Gianotti
Circa 14 mesi dopo essere stata nominata, Fabiola Gianotti dal 1° gennaio 2016 ha assunto ufficialmente la carica di direttore generale del Cern di Ginevra, che per la prima volta nei suoi 61 anni di storia viene guidato da una donna. Per la terza volta al comando del laboratorio internazionale di fisica delle particelle e del superacceleratore Lhc c’è uno scienziato italiano, dopo il premio Nobel Carlo Rubbia (dal 1989 al 1994) e Luciano Maiani (dal 1999 al 2003).
Nata a Roma 53 anni fa, Fabiola Gianotti ha studiato a Milano ed è stata fra i protagonisti della scoperta del bosone di Higgs, effettuata mentre era alla guida dell’esperimento Atlas. ''Il nostro compito è indagare che cosa sia accaduto dopo il Big Bang, il grande scoppio che ha trasformato l’energia in materia. E con l’acceleratore Lhc riusciremo a scrutare in quei momenti dove si nascondono le nostre radici e gli indizi del nostro futuro'', ha detto recentemente Gianotti.
Quattro saranno i pilastri sui quali la scienziata italiana fonderà la sua direzione del Cern: «La ricerca di base, lo sviluppo tecnologico, la formazione dei giovani e il mantenimento del ruolo di facilitatore di pace che il centro europeo ha sempre avuto attirando scienziati di ogni Paese».