Donne nel cinema
- L'Agnese va morire
- L'onorevole Angelina
- Riso Amaro
- Una vita difficile
“Agnese va a morire”: nel film di Giuliano Montaldo, anno 1976, tratto dall’omonimo libro di Renata Viganò, abbiamo isolato 2 brevi sequenze che rappresentano la Resistenza, nelle zone paludose di Comacchio, vista attraverso gli occhi della protagonista femminile.
Agnese è una semplice lavandaia di mezza età che scopre l’impegno politico e abbraccia la causa fino in fondo. La brigata, che l’accoglie dopo il suo contributo da staffetta, la chiama “Mamma Agnese” poiché prepara i pasti per i partigiani, fa lavori casalinghi e li accudisce al ritorno da tragiche azioni nell’inverno del 1945. La fermezza di Agnese non viene scalfita neanche da quel crudele colpo di fucile dell’ufficiale tedesco che la riconosce in un rastrellamento e la uccide.
La sua figura ha rappresentato per noi ancora una volta i numerosi ruoli ricoperti dalla donna nella guerra così come poi nella pace.
La visione integrale del film è stata accompagnata dagli approfondimenti di un esperto di cinema che ci ha seguiti, il Prof. Nuccio Lodato, abbiamo così anche appreso con orgoglio che la prima del film è stata fatta a Tortona nel nostro Teatro- Cinema Sociale, ormai dismesso, per volontà del regista Giuliano Montaldo e della moglie di origini tortonesi.
Angelina, la protagonista interpretata da Anna Magnani nel film del 1947 di Luigi Zampa, è un onorevole mancata. E’ una madre di cinque figli che nell’immediato secondo dopoguerra deve combattere con altre donne del quartiere popolare romano di Pietralata contro il razionamento del cibo, la tessera annonaria e la borsanera. Con il sostegno di altre madri come lei prese dalla necessità di mettere qualcosa nel piatto ai figli, guida l’assalto ai magazzini di pasta di un borsanerista, diventa famosa e viene tentata dalla politica. Il carattere focoso e determinato la porta a ribellarsi alla forza pubblica e a finire in carcere.
Il riscatto di cui Angelina voleva farsi portavoce si scontra contro inganni e manipolazioni che la rimettono tra le mura domestiche a fare la donna di casa.
“Riso amaro” film del 1949 di Beppe de Santis che, dall’esperienza del Neorealismo cinematografico, realizza un’opera non solo legata all’impegno sociale e al tema dello sfruttamento della mano d’opera femminile nella nostra agricoltura, ma vuole cogliere il cambiamento delle donne e della società nel secondo dopoguerra. Infatti le sue mondine oltre alla fatica rivelano passioni e desideri influenzati dai mass media di allora, cioè dai fotoromanzi, “Grand Hotel” e dalla musica statunitense. L’Italia sta cambiando e De Santis ne coglie gli aspetti di novità: ci racconta il piacere dei corpi che ballano, la voglia di liberare la sessualità, le tentazioni del lusso e tutta l’esplosione di un nuovo modo di vivere e di comportarsi. La maglietta aderente, i pantaloncini che mettono in risalto i fianchi, le calze nere arrotolate sulle gambe sono il look della protagonista, Silvana Mangano, che esalta così liberamente tutta la sua bellezza. E questo senza dimenticare i temi del lavoro, dello sfruttamento, della lotta e della solidarietà di classe, un documento quindi di “vecchio” e di “nuovo” che ha le donne per protagoniste.
Ai tempi l’opera suscitò molte polemiche tra i sindacalisti sulle colonne dell’”Unità” che sostenevano altri comportamenti e atteggiamenti nelle mondine, non il ballo del boogy woogie ma danze tradizionali sull’aia. Togliatti e altri capirono la modernità e si congratularono con il regista. Ci furono anche difficoltà nel reperimento del set cinematografico in quanto i proprietari di risaie temevano che il film volesse denunciare lo sfruttamento delle mondine e non accettavano riprese sulle loro proprietà. Fu la famiglia Agnelli con il giovane Avvocato Gianni a concedere il set nelle sue risaie a Venaria di Lignana forse per amicizia con il produttore, Riccardo Gualino, ma anche per il sorriso dell’attrice inglese co-protagonista, Doris Dowling che veniva a salutare sul set.
“Una vita difficile” film del regista Dino Risi, anno 1961. Per questa pellicola abbiamo isolato il momento comico della cena del protagonista, Alberto Sordi, e della sua compagna in una occasionale tavolata di austeri monarchici in attesa di festeggiare la notte del voto del Referendum per la Repubblica. Molto chiaro e ironico il contrasto tra il rigido conservatorismo dei commensali monarchici, convinti della vittoria dei Savoia, e la spontaneità dei due ospiti che venivano dalla vita partigiana e dalla fame del dopoguerra. Lo sfondo è l’Italia del 1946 e della sua democrazia, dagli entusiasmi della ricostruzione alla rapida sua involuzione legata al compromesso e anche all’opportunismo politico.
A pochi anni di distanza dalla lotta di liberazione, il partigiano Silvio Magnozzi (Sordi) si trova a mangiare in compagnia di conservatori monarchici e la moglie lo incoraggia ad approfittarne. Qui la figura femminile rivela senso della realtà in quanto si adegua alle contingenze, cercando di sopravvivere alla miseria mentre il protagonista, ancora legato agli ideali della sua faticosa lotta partigiana, ha ansia di riscatto e vorrebbe ritornare a vivere solo per il suo glorioso passato.